Oggi in parlamento si discute la ratifica della Convenzione di Istanbul.
A proposito di violenza sulle donne, vi porto un’esperienza vissuta personalmente. Una storia che purtroppo si ripete ancora oggi…

Molti anni fa e per molti anni ho fatto un esperienza in Africa in un centro ospedaliero del Nord Kenya, parte di una missione della Consolata di Torino. E’ stata ovviamente una delle esperienze più intense e importanti della mia vita. Uno dei ricordi più vivi che ho è legato ad un invito che il capo del villaggio aveva fatto all’equipe di medici che accompagnavo ad assistere alla cerimonia che avrebbe “festeggiato” una “circoncisione” femminile.

L’asportazione del clitoride e delle piccole labbra ad una ragazza di appena 13 anni data in moglie ad un vecchio “mzee” del villaggio. Sono passati quasi trent’anni da allora ma ogni volta che sento parlare di violenza alle donne mi ricordo quel giorno: il caldo atroce, le urla della ragazza, il suo sguardo disperato e rassegnato come un animale pronto al sacrificio, agghindato a festa, l’aria quasi intontita una volta consumato il rito. Noi attoniti che cercavamo di intervenire con disinfettanti e strumenti sterili senza poterci avvicinare alla capanna bassa dentro la quale la stavano mutilando con un coltellaccio infetto.

Questa barbara usanza le cui ragioni, nonostante i tanti viaggi in Africa e alcune ricerche, mi sono ancora abbastanza oscure, prosegue in molti paesi. L’infibulazione è praticata ancora e non accenna a diminuire nonostante l’impegno di molte donne e delle leggi che la vietano, di tante associazioni e delle organizzazioni internazionali.
Siamo molto, troppo lontani dall’averla bandita e quindi l’impegno per combatterla deve essere ancora alto e forte. Non voglio dimenticare quel giorno. Non ancora.