Cosa si può fare per favorire chi concretamente ogni giorno sul territorio cerca nuove strade per creare cultura in Italia?

Questo era il tema centrale del convegno “buone pratiche di realtà culturali italiane” organizzato dal Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio ieri al Palladio Museum in Provincia di Vicenza per mettere a confronto alcune esperienze di collaborazione tra pubblico e privato: dalla Fondazione La Verdi di Milano, illustrata dal suo presidente Gianni Cervetti, alla statunitense Fondazione Packard, illustrata da Paola Pesaresi, responsabile dell’Herculaneum Conservation Project, e l’esperienza del Cisa Andrea Palladio con la presidente Sartori.

Erogazioni liberali, sponsorizzazioni attive o passive, finanziarie o tecniche, parternariati, partecipazioni, co-partecipazioni, finanza di progetto: le formule per una collaborazione pubblico-privato in cultura non mancano. E non manca l’interesse dei privati e di soggetti istituzionali, quali le fondazioni bancarie, ad investire e a finanziare progetti culturali. “Ma allora scusate dov’è il problema?” si chiedeva giustamente ieri Paolo Mieli, Presidente di RCS, che ha moderato il convegno di ieri.

Il vero problema sta nell’eccessiva burocrazia che frena non solo il Ministero ma tutto il Paese e nelle troppe barriere ideologiche all’ingresso e al contributo dei privati e del terzo settore per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali.

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