LA MIA CAMPAGNA REFERENDARIA PER IL SI

4 10 2016 | Opinioni e interventi

Ieri a Orvieto, lunedì prossimo a Sulmona. È cominciata la mia personale campagna referendaria. Dopo attente riflessioni ho infatti deciso come votare: voterò SI alla riforma costituzionale approvata dal Parlamento dopo sei votazioni e ora sottoposta al vaglio dell’intero corpo elettorale. Ma non solo questo. Mi impegnerò, come ho già cominciato a fare ieri sera, in prima persona per la vittoria del SI: non si tratta di una decisione scontata – almeno per me – e proprio per questo penso sia giusto illustrare brevemente e dichiarare pubblicamente i motivi che mi spingono a farlo. Ma desidero premettere una considerazione sulle mie motivazioni di fondo per questa scelta di impegno concreto e su “strada”. La faccio per cercare quanto possibile di coinvolgere i nostri giovani. Questa scelta riguarda il futuro dell’Italia, e dunque riguarda e dovrebbe interessare più i giovani che noi “maturi”, che abbiamo più strada dietro che davanti. Penso che si dovrebbe dunque innanzitutto fare uno sforzo per parlare a loro. Per evitare che disinteressandosi di questa scelta, consegnino le chiavi delle loro future vite – come fu per la Brexit – a persone che le loro le hanno già vissute.

La scelta non è tra due riforme, ma tra una riforma e nessuna riforma. Se dovesse vincere il “No” infatti avremmo una chiara indicazione popolare a non toccare niente del testo Costituzionale. Un argomento che giuridicamente e politicamente sarebbe in campo, anche qualora non fosse l’obiettivo di tutti i sostenitori del “No”. E non solo perché questo sarebbe il terzo tentativo di riformare l’impianto costituzionale dopo la fine della prima Repubblica (Bicamerale presieduta da D’Alema nel 1997, riforma costituzionale di Berlusconi bocciata da referendum confermativo nel 2005), ma soprattutto perché non vi è né vi sarà per molto tempo un accordo di massima su nessuna ipotesi alternativa. L’Italia ha bisogno di uscire dal pantano. Per questo il mio voto è per il SI. 

La grande forza del No è appunto solo su un “NO”: questo è l’unico punto in comune tra i diversissimi sostenitori del “No” dalla Lega ispiratrice del “porcellum” al M5S, a Berlusconi e Sinistra Italiana. Come si vede dall’andamento della discussione su un’altra legge elettorale, quasi tutti criticano quella appena varata, ma nessuno sa proporre né tantomeno approvare un altro testo condiviso. Per questo voto SI. 

La riforma non tocca i valori fondanti della Repubblica quelli espressi nella prima parte. Questi valori sono frutto del riscatto nazionale della Resistenza al nazifascismo e dalla rinascita dalle macerie della Seconda Guerra mondiale. Dunque non viene archiviato né Calamandrei né De Gasperi, né Togliatti né Nenni. La parte prima è infatti intatta. La riforma riguarda invece il funzionamento e l’applicazione di tali valori, adeguando un sistema concepito settanta anni fa ad un nuovo mondo globale che allora nemmeno era possibile immaginare. Per questo voto SI.

L’accusa di introdurre un nuovo autoritarismo è inconsistente nel merito e nel metodo. Come ha ben mostrato il dibattito in Tv tra Renzi e Zagrebelsky: questo timore agitato dai sostenitori del “No” è infondato, inesistente e perfino pretestuoso. L’Italia ha avuto un uomo solo al comando: Mussolini. Ciò ha prodotto la morte delle libertà e la tragedia dell’antisemitismo e della Seconda Guerra mondiale. La Costituzione nacque come antidoto a quel rischio, dovesse non bastare il vaccino nella memoria degli italiani. Proprio per questo la parte dei valori fondamentali non viene toccata. La riforma da confermare prevede solo un riequilibrio tra i poteri, con uno snellimento del potere legislativo (dunque un suo oggettivo rafforzamento, visto che la paralisi del bicameralismo perfetto finora era superata con la scorciatoia di dubbia costituzionalità della decretazione d’urgenza). Non ha nemmeno il carattere di semipresidenzialismo presente sia nella proposta della Bicamerale del 1997 di Massimo D’Alema sia in quella del 2005 di Berlusconi, che anzi “sterilizza”. Il premier mantiene gli attuali poteri, mentre il Parlamento rafforza la propria efficienza e dunque la propria autorevolezza. In realtà si tratta dunque di una riforma che rilancia il governo parlamentare. Inoltre emenda l’errore compiuto dal centrosinistra con la raffazzonata riforma del Titolo V del 2001, che ha seminato confusione e incertezza nei rapporti tra Stato e regioni, a danno dell’efficienza complessiva del sistema e dei diritti dei cittadini ad avere una Pubblica Amministrazione efficiente e competente. Se nel referendum confermativo della raffazzonata riforma costituzionale del 2001, approvata con pochi voti di scarto in Parlamento prima delle elezioni del maggio 2001, gli elettori del centrosinistra non ebbero remore a votare “sì”, malgrado la riforma non fosse fatta con l’allora opposizione, non vedo perché dovrebbero averne oggi quando l’attuale riforma è stata perfino votata dall’opposizione. Per questo voto SI.

Aumentano le garanzie e diminuiscono le inefficienze. La riforma mette al centro il Parlamento e aumenta le garanzie, per esempio alzando la soglia del quorum per l’elezione del Capo dello Stato, oppure “agevolando” l’obiettivo del funzionamento a pieno regime della Corte Costituzionale con la separazione delle nomine dei giudici fatte dalla Camera dei Deputati da quelle fatte dal Senato, finora compiute in seduta comune. Oppure alzando il quorum delle firme necessarie per indire un referendum, un istituto prezioso oramai così ripetutamente abusato da essere stato svuotato. Per questo voto SI.

È una riforma “europeista”. Se uno dei più grandi problemi del nostro paese è il suo ritardo rispetto all’Europa, almeno nel funzionamento e nella modernità dello Stato, questa riforma è un contributo a ridurre le distanze e ad avvicinarsi all’Europa. Dove non esiste il bicameralismo perfetto, il Senato ha un carattere prevalentemente di secondo livello e non titolare di un rapporto fiduciario con il Governo, e dove la dialettica politica è tra Governo e Parlamento monocamerale, esattamente come avviene nelle istituzioni europee tra Consiglio Europeo e Parlamento Europeo. Il No è per questo non solo anacronistico ma anche un danno. Per questo voto SI.

Questa Riforma non è un “giudizio di Dio” intoccabile ma solo un primo passo. Molti aspetti della Riforma potranno essere rivisti e migliorati anche dopo. Solo però se passa la riforma questo cambiamento è possibile. Se la riforma viene accolta dai cittadini ci potranno essere altri cambiamenti, se la riforma viene bocciata non ci sarà nessun cambiamento. Per questo voto SI.

Questa riforma è in realtà anche il segnale che l’Italia deve dare al mondo della propria volontà di muoversi dopo venti anni di guado e blocco del processo di ammodernamento del proprio sistema politico. Ho deciso quindi di impegnarmi. Perché comunque, a conti fatti, anche qualora si ritenesse questa riforma non ideale o quella sognata di notte, come ha detto una persona da me lontanissima per cultura e storia politica come Sergio Staino “due passi avanti e uno indietro fanno un passo avanti. E votare SI è un passo avanti”. Per questo, ma anche infine per un argomento parte delle mie deleghe e cioè la tutela del paesaggio che si ribadisce con chiarezza sia solo prerogativa dello Stato sottraendo l’interesse collettivo al rischio delle pressioni locali voto SI e invito tutti gli italiani di buona volontà a fare lo stesso senza condizionamenti e con fiducia nel futuro del Paese.

16-10-03-basta-un-si 16-10-03-basta-un-si3 16-10-03-basta-un-si4 16-10-03-basta-unm-si5