LA MUSICA SPEZZA LE CATENE
Se anche non tutte le catene sono immeritate, comunque tutte sono pesanti. Dunque lo sono anche quelle che legano i condannati a pena afflittiva nelle nostre carceri. La pesantezza delle loro catene – per esempio le condizioni carcerarie spesso al limite della civiltà, per cui l’Italia è stata più volte condannata dalle Corti Europee – può essere talvolta non solo una ingiusta pena supplementare, perché non comminata da nessun tribunale a nome di nessun popolo, ma anche un ostacolo alla loro rieducazione, recupero e reinserimento nelle nostre comunità una volta estinta la condanna, così come giustamente prescrive l’articolo 27 della nostra Costituzione.
Per questo ho partecipato con grande piacere – e come sapete, non è nemmeno la prima volta né sarà l’ultima, poiché sento con particolare empatia il sostegno a iniziative di questo genere – due giorni fa alla presentazione di una bella iniziativa del Ministero della Giustizia, denominata “Fidelio” realizzata dall’Accademia di Santa Cecilia con il sostegno della Cassa Depositi e Prestiti.
Nome non casuale, poiché è il titolo dell’unica opera scritta da Beethoven che racconta la storia di un prigioniero politico liberato dall’amore e dal coraggio della moglie pronta ad affrontare le prove più difficili. Questo progetto elabora per i detenuti di Rebibbia un percorso di alfabetizzazione musicale dedicato alle tecniche di respirazione e emissione vocale, alle pratiche di intonazione, vocalizzazione e ai primi elementi di lettura delle note ed elementi ritmici. Un progetto che ha previsto anche la realizzazione di uno spettacolo, e che dovrebbe essere esteso ai ragazzi dell’istituto penale per minorenni Casal del Marmo, a Roma.
Un progetto che non solo allude a contenuti che possono far sognare i detenuti e magari motivare ad un percorso di personale recupero e reinserimento, ma fornisce attraverso la musica anche i primi rudimenti per un’altra concezione della propria vita. Perché la musica è sogno e poesia – ed anche mistero – ma anche regole, sia di grammatica sia di esecuzione. Senza un faticoso apprendimento delle seconde non vi può nemmeno essere il sogno e la speranza. Come del resto è la vita quotidiana dell’uomo – di cui la musica è per questo una grande metafora – malgrado le grandi differenze che possono derivare da nascere e vivere in ambienti sociali ed economici e culturali tra loro diversi. Per questo spero che la musica sia sempre più usata per motivare l’uomo a tirar fuori il meglio di sé, o il pezzettino di cielo che è in tutti noi. E magari studiata sempre più nelle nostre scuole. E protetta nelle sue istituzioni. Perché è cosa buona e giusta. Per questo mi impegno, e questo spero per il mio Paese.