VENEZIA È MALATA. DI SUCCESSO

2 05 2018 | Opinioni e interventi

Dopo anni in cui chi segnalava una situazione insostenibile a Venezia veniva trattato da allarmista, o peggio come quasi pazzo oppure come uno snob annoiato in cerca di svago, finalmente sta diventando senso comune che Venezia sia malata. Malata di successo. Finalmente anche il sindaco Brugnaro, a cui è andato il mio plauso pubblico in un’intervista a Il Gazzettino – perché quando qualcuno almeno tenta di risolvere un problema invece di negarlo, non ho dubbi sul dovere di riconoscerglielo – per aver tentato una soluzione con l’installazione di tornelli, si è mosso e con decisione.

Essere malati di successo, perché la pressione del mondo esterno è troppo forte e tutti ne vogliono un pezzetto, è meglio che essere malati di abbandono. È infatti più difficile invogliare le persone e gli investimenti a tornare lì dove sono fuggiti, rispetto a regolare il flusso di tutti coloro che vorrebbero stare e investire nel medesimo luogo e nel medesimo tempo.

Le ricette e le cure sono diverse,  cionondimeno, anche questo è un problema. La sua prima difficoltà, proprio perché parliamo di “troppo” successo, è riconoscerlo come tale. Molto forte è stata infatti negli scorsi anni la tentazione di continuare come prima. Farsi trasportare dall’onda. Finalmente sta però diventando senso comune che questa impetuosa corrente turistica e antropica stia sradicando Venezia e la stia portando a schiantarsi sugli scogli. Perché è troppo impetuosa. E impedirà di girare all’ultimo, se non lo si fa prima.

Sul come girare e cambiare rotta, si può discutere. Anzi, si deve. Perché non esistono ricette predefinite. Per questo è difficile farlo. E per questo è giusto andare per tentativi, come ha fatto il sindaco Brugnaro. Nessuno dunque scagli la prima pietra. Ma tutti si rimbocchino le maniche. Venezia è troppo Venezia perché il mondo si svegli un giorno senza di lei.

In questi anni il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact) ha almeno cercato di indicare alcune strade. Innanzitutto ha cercato alleanze internazionali, lavorando di concerto con l’Unesco, istituzione magari scomoda per il suo rigore ma comunque alleato indispensabile per ogni serio progetto di programmazione.  Poi, con il Ministro Franceschini, ha ipotizzato una programmazione di bacino ampio, guardando a tutto l’alto Adriatico e al porto di Trieste in particolare, per l’afflusso dei croceristi portati dalle Grandi Navi. Infine, ha firmato un patto per Venezia con il premier Renzi.

Non basta? Certo. Ci vuole anche altro? Senza dubbio. Ci vuole soprattutto che Venezia diventi questione nazionale per tutti. Con una sua dimensione nazionale, non risolvibile tutta in sede locale, esattamente come oggi molte questioni non sono più risolvibili solo a livello nazionale ma sono diventate europee.  Apriamo un Tavolo per Venezia, co-diretto da Sindaco e Ministro, magari presso la Conferenza Stato-Regioni. E cominciamo a studiare un percorso di possibili misure. Quanto più saranno inserite anche in una programmazione nazionale ed europea tanto più, ne sono convinta, saranno efficaci.

Per saperne di più:

Leggi gli articoli de Il Gazzettino

Leggi la mia intervista ne Il Gazzettino