Venerdì i sottosegretari hanno giurato davanti al Presidente del Consiglio, alla sera, alcuni emozionati, certo un gruppo molto eterogeneo che riproduce fedelmente la complessità di questa convivenza al governo di partiti con storie così diverse. Prima di andare a Palazzo Chigi sono passata dal Mibac per vedere il mio futuro ufficio, conoscere le persone con le quali lavorerò. È austero, il palazzo del Collegio Romano, intimidisce: del resto è stato voluto da Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, e tuttora dopo secoli e rimaneggiamenti vari resiste quel senso di rigore, vagamente ossessivo, che le grandi architetture religiose spesso conservano oltre il tempo. Il Ministero dei Beni Culturali è una macchina complessa ed enorme nella quale lavorano oltre 19 mila persone che comprende la tutela, la conservazione, la gestione e la valorizzazione di un patrimonio immenso oltre che alla promozione dello spettacolo, della arti visive, del cinema, della musica. Non dimenticando il restauro, le biblioteche, gli archivi. Le voci sono basse, i documenti che mi portano scritti con un inchiostro leggermente scolorito di qualche stampante non certo recente, le norme citate molte e continue, le domande che mi vengono in mente centinaia ma mi trattengo per non soffocare la mia disponibile interlocutrice. In questi anni sono sempre stata dalla parte di chi critica il Ministero, ne sottolinea spesso l’inefficienza, la lentezza, la mancanza di iniziativa. Dalla parte di chi si unisce al coro sempre crescente di coloro che sono conto le istituzioni pubbliche. Essere di colpo dalla parte di chi rappresenta lo Stato e lo deve fare nel modo più degno possibile mi pare un cambiamento gigantesco e del quale sento tutta la responsabilità. È strano, al momento del giuramento molti colleghi avevano l’aria raggiante come di chi ha finalmente raggiunto un apice di successo nella propria vita: io mi sento esattamente l’opposto. Preoccupata e sopratutto cosciente che rappresentare lo Stato, oggi più che mai, è un compito che merita la consapevolezza dei propri limiti.
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