Pur ritenendo importante e utile lo sforzo di Matteo Renzi per trovare convergenze su una legge elettorale che superi il Porcellum e condividendo i principi di fondo della sua proposta, restano alcune perplessità sia di forma che di sostanza.
Di forma, perché una legge elettorale va discussa, approfondita e votata non al di fuori ma dentro il Parlamento. Peraltro, se su questo e su altri temi non c’è accordo nemmeno all’interno del PD, e le dimissioni di Cuperlo di oggi lo dimostrano, siamo sicuri che in Parlamento verrà appoggiata dagli esponenti stessi del Partito Democratico?
Di sostanza, perché se si introducessero la soglia per il premio di maggioranza al 35% e la clausola di sbarramento proposti si andrebbe sicuramente verso una maggiore governabilità del Paese, ma si rischierebbe di penalizzare eccessivamente il pluralismo e la rappresentanza di molte forze politiche, negando di fatto agli elettori di quei partiti la possibilità di essere rappresentati in Parlamento.
Questo Paese va cambiato e per farlo servono un governo più forte e un Parlamento più governabile, ma ciò non può avvenire a scapito del ruolo previsto dalla Costituzione per il Parlamento né a scapito di una dialettica reale e non solo fatta di annunci e ultimatum, soprattutto verso le forze politiche che sostengono il Governo.