Dopo aver percorso migliaia di chilometri ed aver incontrato moltissime persone al centro e al nord di questo straordinario paese che è l’Italia, da questa campagna elettorale traggo una speranza ed un timore. La speranza è costituta dall’ aver trovato una nazione consapevole di sé stessa e dotata di quelle eccezionali qualità che sono state la sua risorsa più grande – particolarmente importante per un paese che non ha risorse naturali – in altri periodi difficili. Sono state quelle qualità che fanno degli italiani un popolo inimitabile al mondo, ad aver permesso per esempio la ricostruzione morale ed economica sulle macerie causate dal fascismo e poi dalla seconda Guerra mondiale. Anche oggi, dopo un conflitto meno sanguinoso ma non meno cruento come quello economico in corso all’interno dell’occidente e poi tra di esso e l’oriente, vedo la stessa possibilità e opportunità.

L’Italia diffusa è piena di forza civica e morale, di reti solidali che si sostengono a vicenda, di relazioni che la fanno ricca e moralmente integra – basti pensare alla forza con cui l’Emilia ha saputo riprendersi anche produttivamente dopo il devastante sisma di due anni fa, come ho potuto verificare di persona – ed ha una marcia in più che possiamo e dobbiamo saper innestare. Penso al piccolo imprenditore incontrato a Novara, che nel tempo libero fa volontariato e si interessa di valorizzare i beni culturali della sua provincia. Penso all’enorme impegno che semplici cittadini, associazioni per la tutela culturale e per la solidarietà sociale, stanno profondendo a L’Aquila, per permettere a questa straordinaria città e regione di potersi riprendere dal colpo che l’ha quasi distrutta. Penso alla generosità e capacità di guardare lungo di imprenditori come Giovanni Arvedi, che a Cremona ha finanziato e realizzato l’istituzione di uno straordinario Museo del Violino, unendo cultura e vocazione artigianale della città in una virtuosa sinergia. Tutto questo mi fa ben sperare. Oggi l’Italia si trova a vivere un periodo di crisi per molti versi analogo a quello vissuto all’inizio del ‘500, quando le sue divisioni e lotte fratricide e eccessivo localismo –una crisi nata, come oggi, anche dal cambiamento del mondo e alla perdita di centralità del nostro mediterraneo per la scoperta dell’America – aprirono le porte agli invasori stranieri, portando la guerra in Italia. Ne scrisse Machiavelli, invocando un Principe, che sapesse unire gli italiani e così salvare l’Italia. Allora non accadde. E si aprirono due secoli di sofferenza e decadenza. Oggi, possiamo superare questo timore. Abbiamo degli strumenti. Per esempio il voto. Ed abbiamo una possibilità in più: l’Europa. L’Europa è uno spazio, non è una politica. Questo spazio siamo noi a riempirlo. E se guardo al tema dei beni culturali, di cui più spesso mi occupo, penso che potremmo-  impegnandoci di più come paese e come Stato – sfruttare meglio le grandi possibilità anche di finanziamento che i fondi europei offrono, a chi se ne sa servire, per la cultura e la sua tutela e valorizzazione. Anche in questo campo, come in altri, scegliamo noi se subire le scelte di altri oppure mettere in campo la nostra grande capacità di innovazione e di civismo. L’Europa rappresenta la dimensione nella quale ineluttabilmente viviamo. Sia che la si accetti sia che la si rifiuti. Per questo siamo tutti di fronte alla scelta di come riempire questo spazio nel quale ci troviamo. Alcuni lo riempiono con la rimozione, come la Lega. Altri con il rancore e l’odio, come il Movimento 5 Stelle. Altri ancora con il rigetto del diverso, come le destre estreme europee. Io invito tutti a farlo con una scelta all’altezza delle sfide che ci troviamo di fronte come italiani. Per questo invito a sostenere Scelta Europea, e a portare in Europa non l’Italia che rinuncia bensì l’Italia che si è fatta grande.

Per continuare ad esserlo.

Ilaria Borletti Buitoni