Questa settimana riprenderemo il lavoro dell’Osservatorio per il paesaggio, che si era fermato per la riforma del Minsitero e il cambio dei referenti. Uno strumento che vede esperti e rappresentanti di Associazioni attive nella tutela, oltre che naturalmente il Ministero, su questa materia a confronto.

Mi sembra però necessario partire da una considerazione, amara purtroppo: nonostante strumenti normativi ottimi e nonostante l’attività costante delle nostre Sorprintendenze sul territorio, il paesaggio italiano è stato ampiamente compromesso. Una colpa sicura va all’abusivismo, che permane come una piaga enorme soprattutto in certe regioni, e certamente il conflitto tra materia urbanistica (prerogativa degli enti locali) e tutela non ha favorito la protezione del nostro territorio e quindi del nostro paesaggio.

Questo quadro, che vediamo sotto gli occhi tutti i giorni, come può essere affrontato? Una strada sono i piani paesaggistici, che sarebbero un dovere per le Regioni e che rappresenterebbero un utile strumento di copianificazione tra Stato ed Enti Locali. Ma attualmente il ritardo è enorme,  e solo cercando di renderli ”cogenti” o ”premianti” si può spingere le Regioni ad adottarli. Un’eccezione eccellente è la Puglia, con il piano recentemente approvato e molto ben fatto. Ma la vera rivoluzione è un’altra: riuscire a fare percepire dai cittadini l’esercizio della tutela da parte dello Stato come un servizio e non come un’azione punitiva nei loro confronti.

Per raggiungere questo obbiettivo, oltre che naturalmente  promuovere i piani paesaggistici, è stata avviata una commissione che dovrebbe portare alla semplificazione della materia, naturalmente nel rispetto delle norme contenute nel Codice dei beni culturali.

È inevitabile tuttavia cercare di rendere più semplici le procedure per quelle autorizzazioni che riguardano interventi minori e che non comportano danni né al paesaggio né al patrimonio storico o artistico.  Non vi è dubbio infatti che al cittadino la materia risulta non solo complessa ma anche incomprensibile, e non vi è dubbio che il nostro Ministero fortemente ridotto di organico soprattutto sul territorio deve poter esercitare le proprie prerogative riguardo alla tutela in modo meno congestionato.

Ecco quindi la scommessa che abbiamo davanti: cambiare il rapporto tra Stato e cittadini in questo ambito, renderlo meno contrapposto e più costruito sulla collaborazione e sul confronto. Dobbiamo essere capaci di creare una relazione dalla quale sia evidente il ruolo di tutore di un bene collettivo che il Ministero quotidianamente svolge.

Uno Stato nemico o percepito solo come ostile non serve a fare rispettare le regole ma a eluderle.

E il paesaggio italiano ne è un triste esempio.