Lo sciopero a Pompei dei giorni scorsi, che tanto scalpore e indignazione ha destato nella stampa, politica e opinione pubblica, non è un caso isolato di astensione dal lavoro o di “semplice boicottaggio” di alcune frange sindacali. Ma un evento la cui oramai ordinarietà deve portare ad una riflessione più ampia e necessaria.

Tanto si è detto sull’autorizzazione o meno allo sciopero, sulla mancanza di comunicazione preventiva al pubblico, su possibili misure da adottare in questi casi, arrivando fino alla minaccia del licenziamento collettivo. Personalmente credo che il diritto allo sciopero sia intangibile in una società democratica, e che la soluzione non sia quella di cercare soluzioni specifiche o limitarsi ad indignarsi ogni volta che accadono fatti di questo tipo, come purtroppo spesso fanno i giornali stranieri con un compiacimento e irrisione quasi morboso.

Il problema è infatti che questo è il sintomo del decadimento, oramai sempre più accelerato, della forza anche morale del nostro sistema paese. E’ un ulteriore sintomo, da non sottovalutare, della crisi della nazione italiana. Che è crisi innanzitutto delle sue classi dirigenti – in senso generale, e non solo della politica –  come ho anche scritto nel mio libro “Cammino Controcorrente”. Ripensare la nazione italiana nel XXI secolo, è dunque condizione necessaria per trovare il modo di modernizzare il sistema paese, e così risolvere alla radice quelle tensioni e disfunzioni – anche corporative – che generano poi episodi del genere.

In ogni caso, se e vogliamo, come è giusto che sia, che la fruizione dei beni culturali sia un diritto fondamentale e garantito non sarà sufficiente uno strumento impositivo come la precettazione. Ma è necessaria un’armonizzazione del sistema Paese dal punto di vista della gestione e della tutela dei beni culturali. Questo significa più risorse e una regolamentazione specifica tra Governo e Sindacati per trovare un punto di sintesi in grado di ridefinire, tanto a livello nazionale quanto a livello locale, un quadro preciso dei diritti e delle responsabilità dei lavoratori, da cui partire per costruire una politica dei beni culturali definita e valida a livello trasversale.

Nel frattempo sarebbe bene che si smettesse di parlare di Pompei solo per i crolli e per le chiusure, concentrandosi sui risultati – riconosciuti dalla Commissione UE e dall’UNESCO – che il Grande Progetto Pompei sta conseguendo.

 

PER SAPERNE DI PIÙ: 

LEGGI LA MIA INTERVISTA A “IL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO”