Ieri ho partecipato alla cerimonia per il Memoriale italiano di Auschwitz, opera d’arte prima collocata nel museo presso l’ex campo di sterminio polacco ed ora collocata a Ex3, auditorium comunale di Firenze da tempo chiuso al pubblico, che entro il 2018 diventerà un Polo della memoria dedicato alla memoria dei campi di sterminio nazisti e di tutti i totalitarismi, passati e presenti. Un Polo dotato di un museo, una biblioteca, un centro di ricerca e percorsi didattico-formativi, grazie anche alla vicinanza con altri luoghi simbolo della Resistenza fiorentina durante la Seconda guerra mondiale.

Si tratta di un importante pezzo di storia italiana ed europea, parte della memoria collettiva ‘salvata’ dalla distruzione e dall’abbandono grazie all’impegno e allo sforzo congiunto di Associazione Nazionale Deportati, Comune, Regione e Ministero dei Beni Culturali. Il Mibact ha infatti contribuito con l’importante lavoro svolto dall’Istituto Superiore di Conservazione e Restauro per i rilievi, e poi con lo smontaggio e l’imballaggio dell’opera mediante l’Opificio delle Pietre Dure, che si occuperà anche del trasporto e del restauro.

Con i suoi pannelli di tela arrotolati e protetti da fogli di tessuto non tessuto e avvolti intorno a rulli di polistirolo, custoditi dentro casse di legno nel capannone di Gavinana, il Memoriale si prepara così alla sua nuova vita fuori da Auschwitz, dove è rimasto per ben 36 anni, dopo era stato inaugurato nel 1980: una vera e propria opera d’arte multisensoriale, progettata da Ludovico Belgiojoso come un lungo e straniante percorso a forma di spirale dentro gli orrori del Novecento, dai totalitarismi nazifascisti alla liberazione ad opera di forze democratiche di diverso orientamento, con 23 pannelli di tela dipinti a forti colori, dal nero al rosso, dall’artista siciliano Pupino Samonà, musiche di fondo di Luigi Nono, e con la targa scritta da Primo Levi all’ingresso: ‘Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte. Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Auschwitz valgano di ammonimento: fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, né domani né mai.

Una memoria e una testimonianza che abbiamo il dovere di conservare, rinnovare e rendere sempre attuale, anche nel XXI secolo. Perché mai più possa accadere ciò che è accaduto.

 

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