C’è una domanda che mi ha accompagnato in questo periodo: perché una parte dell’estrema sinistra e una parte dell’opinione pubblica sono così pronte a cavalcare tesi e accogliere come verità indiscutibili quelle che accusano solo Israele e solo i suoi alleati dell’attuale dramma che si sta vivendo Gaza?

La politica del governo Netanyahu è stata indubbiamente negli ultimi 10 anni oggetto delle critiche più condivisibili e severe: le alleanze coi partiti religiosi e l’aver scatenato i coloni pensando di risolvere la crisi palestinese occupando territori, sono state delle scelte sicuramente non solo sbagliate ma anche dannose per qualunque processo di conciliazione.

Gli israeliani, in parte, l’hanno denunciato con centinaia di manifestazioni molto partecipate che sono durate mesi… Criticare però la politica di Netanyahu non significa avallare l’azione terroristica di Hamas, non capire l’ambiguità del mondo arabo che in più di un’occasione ha dimostrato di non volere nessuna soluzione per il dramma palestinese, non vedere che nella propaganda assolutamente perfetta dell’organizzazione terroristica esistono macroscopiche falsità che nascondono l’uso spregiudicato dei civili a copertura delle loro azioni militari.

Criticare il governo israeliano non dovrebbe significare sottovalutare l’enorme pericolo dell’esistenza di Stati teocratici che spingono la propria azione in tutto il Medio Oriente a favore di un processo di islamizzazione che vede l’estinzione degli ebrei e di Israele.

Criticare il Primo Ministro israeliano non dovrebbe significare non capire che l’antisemitismo è come un cancro che mina la base dei principi costituenti di qualunque paese democratico oltre che a cancellare con un colpo di spugna la storia anche più recente dell’Europa.

Eppure questa opinione pubblica, affine a quella che condannava Putin al momento dell’invasione dell’Ucraina con estrema timidezza, preferisce elencare gli errori degli Stati Uniti, accusare le lobby ebraiche delle colpe più efferate, dimenticare che quello che è avvenuto solo due mesi fa in qualunque altro paese, in particolare in quelli non democratici, avrebbe scatenato una guerra planetaria.

Ci sono le drammatiche immagini della guerra, Gaza con le sue vittime: ma prima di ritenere che i carnefici di quella guerra siano solo gli israeliani con i loro alleati mentre tutti gli altri vadano assolti compreso i partecipanti a quell’incredibile consesso di Ryad che comprendeva sanguinari dittatori colpevoli di milioni di morti sui quali i nostri pacifisti hanno tranquillamente taciuto, non sarebbe più corretto chiedersi perché e come si è potuti arrivare a questo?

Come si può liberare il mondo da un’organizzazione terroristica estremamente ricca e organizzata che ha creato il proprio quartier generale sotto obiettivi sensibili e lì nascosto decine di ostaggi rapiti in maniera casuale durante il blitz in territorio israeliano, due mesi fa? Perché non chiedersi come fermare chi ritiene che l’equilibrio del mondo dipenda solo dalla distruzione di Israele? Perché fare il gioco di quei paesi nei quali esprimere la propria opinione significa una condanna a morte ma sempre prontissimi a vendere le proprie ricchezza all’Occidente in cambio di formidabili entrate a vantaggio delle proprie classi dirigenti e non certo della causa palestinese?

Perché non chiedersi che cosa sia stata la storia di quella travagliata area del mondo dopo e prima del 1948, prima di scagliare solo addosso a Israele la croce delle responsabilità?

Viviamo in un continente che gode di ottant’anni di pace dopo e forse grazie a una delle guerre più sanguinose della storia. Continente che si è combattuto per secoli e che adesso trova intorno ad alcuni principi costituenti la possibilità di consolidare o di cancellare un percorso unitario.

Risolvere la crisi palestinese o favorire un termine alla guerra in Ucraina è un obiettivo comune ma che può essere raggiunto solo se l’Occidente e l’Europa soprattutto, saranno capaci di non cadere nella trappola di Putin o di Hamas definendo entrambi per quello che sono:

il primo, il leader indiscusso di uno Stato totalitario e aggressore che in politica estera è sempre al fianco dei peggiori regimi come Siria e Iran, responsabili di efferate catastrofi umanitarie;

il secondo, un’organizzazione terroristica radicata e i cui capi si vedono protetti nei paesi del Golfo amministrando i proventi delle loro considerevoli fortune.

Solo in questo modo l’Occidente può portare il proprio contributo seriamente ai percorsi di pace: chiarendo in modo inequivocabile che le colpe di un governo sicuramente condannabile ma democraticamente eletto, non debbano mai in nessun luogo e per nessuna ragione trascinare a forme di antisemitismo nei confronti di un popolo che ha dato il proprio contributo alla civiltà occidentale in maniera così determinante.

Se non lo farà, continuando l’ambiguo gioco di una parte di quel finto pacifismo che vediamo qualche volta nei media e nelle piazze, vinceranno loro, vinceranno coloro che anche sulla pelle del popolo palestinese hanno voluto vedere un Occidente debole e sconfitto.